In FVG è presente un ibrido naturale fra Apis mellifera ligustica e Apis mellifera carnica*, come dimostrato da Comparini e Biasiolo (1991), mediante studi sull'analisi della variabilità allozimatica, e successivamente confermato da Nazzi (1992) attraverso studi morfometrici.
Una larga mole di dati indica come, nel complesso, le api più adeguate per l’apicoltura in una data zona sono le api autoctone. Esse infatti hanno avuto modo di adattarsi gradualmente all’ambiente locale, attraverso un processo lunghissimo che non può essere facilmente riprodotto. Si tenga presente, in proposito, che l’ambiente delle api è una combinazione irripetibile di clima, flora, paesaggio, avversità, tradizioni apistiche e altri fattori che tutti insieme forgiano piano piano gli ecotipi. In conseguenza del lungo processo di adattamento, il genotipo delle api si modifica per produrre la migliore risposta possibile all’ambiente.
Ciò non esclude che vi possano essere api alloctone che manifestano alcune caratteristiche più desiderabili di quelle delle api locali (ad esempio una minore tendenza alla sciamatura) ma è sicuramente vero che il minor adattamento all’ambiente locale renderà tali api più vulnerabili nei confronti delle peculiari condizioni ambientali che si registrano nella zona di importazione e non nell’area di origine. E così, alla fine potrebbe accadere che l’apicoltore incauto che abbia importato delle api alloctone per risparmiare fatica al momento della sciamatura, si ritrovi a farne molta più al momento della rimonta delle colonie perdute.
Nel corso della stagione apistica, alcuni apicoltori hanno la necessità di acquistare api regine o nuclei per incrementare l’attività o creare nuove colonie per rimpiazzare quelle eventualmente perse durante l’inverno.
Attualmente, in FVG, gli apicoltori possono acquistare api regine locali ma anche api regine alloctone, ovvero appartenenti a sottospecie diverse da quelle che invece costituiscono l’ibrido naturale (ad esempio A. m. mellifera, A. m. siciliana, Buckfast).
Purtroppo, quest'ultima pratica, come dimostrato da una vasta letteratura scientifica, può avere delle conseguenze molto serie per l’apicoltura regionale, poiché:
- può corrompere il patrimonio genetico delle api locali, che invece sono maggiormente adattate ai nostri ambienti e, di conseguenza, sono anche le più appropriate, in termini produttivi e sanitari, per essere allevate in regione (a tale proposito si consideri la pubblicazione presente qui);
- l’ibridazione delle api locali con quelle alloctone può causare effetti non del tutto prevedibili (si pensi ad esempio al caso delle api africanizzate in Sud America).
Per tali ragioni, è sconsigliata l’importazione di api alloctone, per evitare incidenti di varia natura e comunque per preservare la qualità del patrimonio apistico del FVG, oltre che il lavoro degli apicoltori stessi.
In proposito, si segnala che nell’ambito delle attività programmate dal LAR per il triennio in corso, saranno compiute ulteriori indagini volte a caratterizzare geneticamente le api della regione, per confermare la presenza dell’ibrido naturale a distanza di 30 anni dagli studi precedenti. Allo scopo, saranno svolte analisi genetiche di ultima generazione, basate sull’impiego di migliaia di marcatori.
Per far ciò, saranno individuati sul territorio apicoltori che da anni utilizzano gli ibridi naturali (ovvero non acquistano api regine o nuclei fuori regione), per prelevare dei campioni di api operaie su cui eseguire le suddette analisi.
*Conviene ricordare che il nome “carnica” attribuito a quella sottospecie non deriva dal nome di una particolare regione del Friuli e pertanto non si deve ingenuamente ritenere che le api della Carnia dovrebbero essere della sottospecie carnica. Di fatto, sia la Carnia sia la sottospecie carnica derivano il proprio nome da quello della Carniola: una regione situata a nord delle Alpi, dove in effetti, le api della sottospecie carnica sono autoctone.