Tecnica apistica
Le temperature miti della prima metà di settembre hanno consentito alle api di sfruttare le fioriture di topinambur (Helianthus tuberosus), da cui ricavano prevalentemente polline, e di edera (Hedera helix), una pianta nettarifera e pollinifera presente sui muri, lungo le recinzioni e sui fusti di alberi nelle siepi e nei boschetti; nei giardini urbani le api hanno bottinato su alcune piante ornamentali, quale il lillà delle Indie (Lagerstroemia indica).
Nella maggior parte delle colonie si rileva un moderato calo delle api adulte, mentre sono presenti discrete rose di covata. Mediamente, in pianura gli alveari si presentano su 7-8 favi completamente ricoperti di api.
In questo periodo, l’apicoltore può iniziare le visite di pre-invernamento delle colonie, che vanno svolte con una certa rapidità, per limitare eventuali fenomeni di saccheggio. In particolare, va ispezionata ogni famiglia, per valutarne lo sviluppo, la presenza dell’ape regina, la situazione sanitaria e le scorte disponibili.
Il nido va riorganizzato e ristretto, se necessario, su un numero di favi che le api riescono a coprire completamente. Dopo l’ultimo favo presidiato dalle api, di norma ricco di scorte, andrebbe inserito un diaframma, che delimita il nuovo spazio utile per la colonia. In particolare:
- i favi chiari e quelli con poche scorte possono essere rimossi e conservati in magazzino;
- i favi vecchi, ovvero quelli molto scuri o comunque utilizzati da più di tre stagioni, andrebbero invece eliminati, recuperando la cera mediante la fusione in sceratrice solare o a vapore.
Il restringimento graduale del nido è un’operazione fondamentale per garantire un corretto invernamento degli alveari. Una famiglia compattata su un numero adeguato di favi, infatti, è in grado di regolare meglio la temperatura del nido, consentendo un minor consumo di scorte e garantendo così un efficace allevamento di covata, da cui ora nasceranno preziose api d’inverno. Inoltre, un nido compattato a dovere consentirà all’apicoltore di conoscere l’entità della popolazione di api presente in ogni alveare, così da dosare in maniera efficace il trattamento invernale con acido ossalico, da svolgere rigorosamente in assenza di covata.
Se le famiglie sono poco popolate (ad esempio se presentano meno di 3 favi interamente coperti di api) o orfane, se ne consiglia la riunione con famiglie più forti.
Per far fronte ai rigori invernali e all’assenza prolungata di fonti nettarifere, le colonie dovrebbero essere invernate con almeno 2 kg di miele per ogni favo coperto di api.
Da un punto di vista nutrizionale, il miele è il miglior alimento per le api. I favi ricchi di miele opercolato possono costituire un’ottima fonte alimentare se, una volta grattati con una forchetta disopercolatrice, vengono collocati oltre il diaframma della colonia d’origine (tendenzialmente, si sconsiglia di scambiare favi di miele fra colonie d’api, al fine di limitare la diffusione di possibili agenti patogeni ospitati in questa matrice). Tuttavia, non sempre il miele raccolto e immagazzinato dalle api è adatto per una conservazione e/o un consumo prolungato:
- alcuni mieli raccolti a fine stagione, ad esempio, possono essere troppo umidi, rischiando di fermentare nel favo;
- altri mieli come quello di edera, invece, hanno una cristallizzazione molto rapida e compatta, risultando di difficile consumo per le api.
Qualora le scorte della colonia siano insufficienti, si suggerisce una nutrizione a base di zucchero candito e, possibilmente, polline (evitando di mescolare i due nutrienti), al fine di sostenere gli alveari e stimolare ancora l’ovideposizione dell’ape regina. Lo zucchero candito può essere collocato direttamente sopra i favi (con coprifavo rovesciato), per essere facilmente raggiungibile dalle api.
Poiché la somministrazione di alimento potrebbe innescare il saccheggio fra le colonie, si suggerisce di girare le porticine metalliche verso il “lato invernale” (quello con il minor numero di fori d’entrata). Le porticine, fra l’altro, contribuiscono a mantenere nella colonia un microclima ideale, soprattutto in questo periodo dell’anno, quando le escursioni termiche fra il giorno e la notte possono essere considerevoli.
Situazione sanitaria
È ormai accertato che forti infestazioni di Varroa destructor, associate a elevate infezioni di virus (con particolare riguardo al virus delle ali deformi) restano la principale causa di spopolamento delle colonie, che si osserva ogni anno durante il periodo autunnale-invernale. Il controllo adeguato della Varroa, dunque, consente l’invernamento di famiglie con numerose api sane, riducendo notevolmente le possibilità di collasso.
Durante la visita degli alveari è necessario effettuare anche un’ispezione sanitaria accurata che consiste nel:
- verificare la presenza/assenza di covata morta (cellette aperte in cui sono evidenti pupe con ligula estroflessa), sintomo di una forte infestazione da Varroa, accompagnata da alte cariche virali;
- osservare le api adulte e verificare la presenza/assenza di individui con ali deformi, sintomo di un’infezione elevata di virus delle ali deformi;
- controllare i cassetti diagnostici, per stimare il numero di varroe morte naturalmente (quando non ci sono trattamenti in corso);
- ispezionare attentamente i favi con covata (concentrandosi sulle cellette opercolate), al fine di accertare l’assenza di sintomi di Peste Americana, una grave malattia causata dal batterio Paenibacillus larvae.
I trattamenti acaricidi di lunga durata, caratterizzati dall’uso di sostanze di sintesi, dovrebbero essere terminati in tutti gli alveari della regione. Si ricorda, infatti, che le strisce di prodotto acaricida vanno lasciate negli alveari da 6 a 8 settimane dall’introduzione; una rimozione tardiva dei prodotti di sintesi può favorire l’insorgenza di popolazioni di acari resistenti a un dato principio attivo, oltre che l’accumulo di residui sgraditi nella cera.
Una volta rimosse le strisce dei prodotti acaricidi, basandosi sulla caduta naturale di Varroa rilevata nei cassetti diagnostici è possibile stimare l’infestazione attuale. Un’infestazione ancora elevata (ad esempio quando si contano più di 10 acari caduti al giorno), può essere dovuta alla reinfestazione delle colonie in seguito a saccheggio o a un’inefficacia del trattamento impiegato; in tal caso, si suggerisce l’asportazione di tutta la covata (con conseguente restringimento della colonia) e l’intervento immediato con acido ossalico (ad esempio con ApiBioxal). In seguito, la colonia andrà nutrita per stimolare l’ovideposizione della regina e favorire l’allevamento di api invernali.
In caso di infestazioni moderate, invece, è possibile effettuate un trattamento tampone con timolo (ad esempio con ApiLife Var) per un intero ciclo di covata (3 settimane), considerando però che le temperature in calo potrebbero limitare l’efficacia di questo prodotto.
Il LAR resta a disposizione per eventuali informazioni e chiarimenti.
LAR, 24 settembre 2019